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Turismo religioso e pellegrinaggi

Santuario di Loreto meta di pellegrinaggio

Il Santuario della Santa Casa di Loreto è un luogo popolare di pellegrinaggio attraverso la via Lauretana, dove i cattolici venerano la Vergine Lauretana, patrona dell'aviazione. È tra i più importanti e visitati santuari mariani del mondo cattolico; numerosi personaggi e santi vi hanno fatto visita, tra cui Camilla da Varano, ossia la clarissa umanista sr. Battista, santa Teresa di Lisieux, santa Gianna Beretta Molla, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II.

La storia del Santuario di Loreto

La Storia del Santuario inizia il 10 dicembre 1294, con l'arrivo della Casa abitata dalla famiglia della Vergine Maria a Nazaret e dove la Madonna avrebbe ricevuto l'annuncio della nascita miracolosa di Gesù. In un primo momento la preziosa reliquia venne sopraelevata e coperta da una volta e poco dopo circondata da portici, quindi da una chiesetta e infine dall'attuale Basilica. Nel 1468, per volontà del vescovo di Recanati Nicolò de Astis, cominciarono i lavori per la costruzione del grande Tempio, sia a protezione della Santa Casa, che per accogliere la gran folla di pellegrini sempre crescente che vi si recava in visita. Morto il vescovo già l'anno seguente, nel 1469, fu Papa Paolo II a proseguirne i lavori. Sembrerebbe che nel 1464, quando era ancora cardinale, venne in visita a Loreto e fu miracolosamente guarito dalla Madonna. Nel 1587, con l'aggiunta della facciata, l'edificio poté ritenersi finalmente concluso.

L'architettura del Santuario di Loreto

La Basilica di Loreto rappresenta uno dei più importanti monumenti gotico-rinascimentali d'Italia, dove vi lavorarono i più grandi architetti dell’epoca: Marino di Marco Cedrino, Baccio Pontelli, Giuliano da Sangallo, Giuliano da Maiano, Francesco di Giorgio Martini, Bramante, Andrea Sansovino e Antonio da Sangallo il Giovane. Venne iniziata nel 1468 su probabile progetto del veneziano Marino di Marco Cedrino, in uno stile gotico ma già di un certo sapore rinascimentale. La realizzazione e continuazione spetta al grande architetto toscano Baccio Pontelli. La sua superba opera, eseguita a partire dal 1487-1488, è ben visibile nei semplici fianchi in cotto e negli imponenti volumi dei transetti-presbiterio circondati da innumerevoli cappelle. In Questa complessa parte "absidale", tutta giocata in un susseguirsi di innumerevoli absidi semicircolari, risulta più evidente la struttura a fortificazione, quasi fosse una "fuga" di torrioni di una rocca, volta a difendere il santo luogo dalle incursioni turche. Coronata in alto da un vero e proprio cammino di ronda su beccatelli, è solo appena ingentilita dagli alti finestroni gotici in pietra bianca del Conero. Costituisce un mirabile esempio di connubio fra l'esigenza pratica della difesa militare e il gusto estetico rinascimentale.

Miracolo eucaristico di Macerata

Il miracolo eucaristico di Macerata sarebbe avvenuto nel 1356 nell'omonima città meta di pellegrinaggi e turismo religioso: mentre un sacerdote, che dubitava della reale presenza di Cristo nell'ostia consacrata, celebrava la messa, durante la consacrazione sarebbe sgorgato del sangue dalla particola, bagnando il calice e il lino usato per detergere il calice stesso. Il 25 aprile 1356, nella chiesa di Santa Caterina presso Macerata, mentre un sacerdote, che dubitava della reale presenza di Cristo nell'ostia consacrata, stava celebrando la messa, al momento della consacrazione sarebbe sgorgato del sangue dalla particola, cadendo in parte nel calice e in parte sul lino usato dal celebrante per asciugarsi le dita e detergere il calice. Il sacerdote itinerari religiosi, del quale non ci è pervenuto il nome, riferì l'accaduto al vescovo, monsignor Nicolò da San Martino, che aprì un'indagine canonica sull'episodio. Gli atti del processo non sono arrivati fino a noi, ma è rimasto solo il lino, ingiallito dal tempo, con una pergamena cucita a un'estremità, riportante il testo seguente: "Hic fuit aspersus sanguis D.N.J.C. de Calice, die XXV mensis aprilis anno Domini 1356". La reliquia è conservata attualmente nella cattedrale cittadina, dedicata a Santa Maria Assunta e a San Giuliano; viene esposta in occasione della solennità del Corpus Domini.

Miracolo eucaristico di Offida

Il miracolo eucaristico di Offìda secondo la tradizione sarebbe avvenuto nella città di Lanciano (già nota per il più antico miracolo eucaristico del VII secolo), nel 1273: una donna, su invito di una fattucchiera cui si era rivolta, gettò un'Ostia consacrata sul fuoco, ma la particola si sarebbe trasformata in carne, da cui sarebbe sgorgato sangue abbondante; le reliquie sono ancora visibili nel santuario di Sant'Agostino di Offida. Secondo la tradizione, i fatti avvennero nel 1273, in una stalla del quartiere di Lancianovecchia: una donna chiamata Ricciarella, volendo riconquistare l'amore del marito, Giacomo Stasio, si rivolse ad una fattucchiera , che le consigliò di preparare una pozione cuocendo sul fuoco un'ostia consacrata. Ricciarella nascose l'ostia presa durante la messa; giunta nella stalla di casa sua, mise un coppo sul fuoco e vi pose dentro l'ostia che, improvvisamente, si sarebbe tramutata in carne e avrebbe cominciato a grondare sangue. La donna, terrorizzata, nascose tutto sotto un cumulo di paglia e corse a casa.

Miracolo eucaristico di Bagno di Romagna

Il miracolo eucaristico di Bagno di Romagna secondo la tradizione cattolica sarebbe avvenuto nel 1412 nell'omonima cittadina: un monaco camaldolese, durante la messa, all'atto della consacrazione, vide il vino del calice andare in ebollizione e, fuoruscendo, macchiare il corporale. Nel 1412, a Bagno di Romagna, nell'Appennino forlivese, un monaco camaldolese di nome Lazzaro, mentre celebrava Messa fu assalito dal dubbio sulla reale presenza di Cristo nell'eucaristia. Aveva da poco consacrato il vino che questo si trasformò in vivo sangue e cominciò a ribollire, tanto da fuoruscire dal calice e macchiare il corporale. Padre Lazzaro si commosse profondamente e confessò l'accaduto ai fedeli presenti. La reliquia del miracolo venne inserita in una teca argentata, ad imperitura memoria. Nel 1958 furono fatte eseguire delle analisi chimiche presso l'Università di Firenze sulle otto macchie presenti sul telo di lino; le analisi confermarono la natura ematica delle macchie.

 

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